sabato 29 settembre 2012

La pensione di inabilità per i lavoratori dichiarati invalidi civili al 100%


I lavoratori dichiarati invalidi civili totali a seguito di visita di accertamento presso l’Inps possono ottenere la pensione di inabilità al lavoro proficuo. Sono necessari cinque anni di contributi versati. Vediamo tutti i requisiti, il sistema di calcolo della pensione, come si presenta la domanda, la decorrenza e la cumulabilità con altre prestazioni.

La pensione di inabilità per i lavoratori dichiarati invalidi civili al 100%.
Per i lavoratori, iscritti a forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, oppure ad una delle gestioni speciali previste dall’Inps per i lavoratori autonomi, c’è la possibilità di ricevere la pensione nel caso in cui nella propria vita lavorativa sono divenuti invalidi al 100% e quindi inabili al lavoro. Tra le prestazioni previdenziali erogate dall’Inps in favore dei lavoratori invalidi civili totali c’è infatti la pensione di inabilità.
Si tratta di una prestazione economica, erogata a domanda, in favore dei lavoratori per i quali viene accertata l’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa (invalidi civili). La pensione di inabilità è concessa ai mutilati e invalidi civili di età compresa tra i diciotto e i sessantacinque anni, a cui l’apposita Commissione sanitaria abbia riconosciuto una inabilità lavorativa totale (100%) e permanente. E si trovino, inoltre, in stato di bisogno economico. E’ necessaria la cittadinanza italiana e  la  residenza in Italia.
L’invalidità è un evento tutelato dalla Costituzione all’art. 38. La pensione di inabilità, così come l’assegno ordinario di invalidità, sempre erogato ai lavoratori ma per le invalidità dal 66% al 99% e con validità triennale, è disciplinata dalla legge n. 222 del 1984. La norma distingue appunto il caso dell’invalidità parziale, dove vi è una ridotta capacità lavorativa di almeno un terzo (e conseguente diritto all’assegno ordinario di invalidità), e l’invalidità totale (o inabilità), che comporta, come già detto, una assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Tale condizione comporta il riconoscimento dell’invalidità al 100% e il diritto alla pensione di inabilità. Vediamo tutti gli aspetti relativi a questa prestazione previdenziale a tutela dell’invalidità.
SOMMARIO:

I requisiti per il diritto alla pensione di inabilità

A chi spetta la pensione di inabilità. Ne hanno diritto i seguenti lavoratori invalidi civili al 100%:
  • Dipendenti;
  • Lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri);
  • Gli iscritti ai fondi pensioni sostitutivi ed integrativi dell’Assicurazione Generale Obbligatoria.
Requisiti sanitari e contributivi. I requisiti per ottenere la pensione di inabilità riguardano sia la percentuale di invalidità del richiedente, che la situazione contributiva, lavorativa e reddituale. Per ottenere la pensione sono necessari i seguenti requisiti:
  • Età dai 18 ai 65 anni, cittadinanza italiana e residenza sul territorio italiano;
  • assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa a causa di infermità o difetto fisico o mentale (invalidità al 100%);
  • almeno 260 contributi settimanali (cinque anni di contribuzione e assicurazione) di anzianità assicurativa e contributiva, accreditati nel proprio estratto conto contributivo Inps, di cui 156 contributi settimanali (tre anni di contribuzione e  assicurazione) nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda di pensione di inabilità.
Dal computo dei contributi settimanali nel quinquennio per la sussistenza del requisito sono esclusi i cosiddetti periodi neutri, ossia i periodi di malattia. In mancanza dei requisiti assicurativi e contributivi richiesti, anche in presenza delle condizioni di invalidità (con percentuale superiore al 66%), non è possibile richiedere l’erogazione della pensione di inabilità.
Requisiti lavorativi: l’incompatibilità a lavoro proficuo.  L’invalidità al 100%, provocata da una infermità fisica o mentale, deve accertata dal medico dell’Inps, il quale certifica l’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Sulla base di ciò, altri requisiti richiesti sono i seguenti:
  • la cessazione di qualsiasi tipo di attività lavorativa, sia di lavoro dipendente che come autonomo (es. iscritto alla gestione artigiani, commercianti, coltivatori diretti, mezzadri e coloni);
  • la cancellazione dagli elenchi di categoria dei lavoratori;
  • la cancellazione dagli albi professionali;
  • la rinuncia ai trattamenti a carico dell’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione ed a ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della retribuzione.
Il riferimento al lavoro proficuo. L’impossibilità assoluta e permanente di svolgere qualsiasi lavoro va intesa come impossibilità di svolgere un lavoro proficuo e idoneo ad assicurare una remunerazione sufficiente a garantire un esistenza libera e dignitosa. Quindi si pone l’accento sull’impossibilità di svolgere un’attività lavorativa produttiva e retribuita.
La Cassazione con una sentenza del 1990 ha stabilito che la circostanza che il lavoratore sia in grado di svolgere normali lavori domestici non è paragonabile all’attività lavorativa propria del rapporto di lavoro, la quale è preclusa dall’invalidità al 100% del lavoratore.
Si può lasciare il lavoro dopo l’accertamento dell’invalidità al 100%. Lasciare il lavoro senza la certezza del diritto alla pensione di inabilità non è conveniente. In realtà non è necessario: E’ possibile avviare l’accertamento dello stato di inabilità, con il relativo iter procedurale di accertamento presso il medico dell’Inps, anche durante il rapporto di lavoro. La sussistenza del rapporto di lavoro o la permanenza dell’iscrizione negli elenchi nominativi o albi professionali non è ostativa all’accertamento dello stato di inabilità. Una volta ottenuta l’inabilità al lavoro, il lavoratore può lasciare l’attività lavorativa ottenendo la pensione di inabilità.
La capacità di guadagno e la revoca della pensione di inabilità. Nel caso in cui le condizioni di salute psicofisiche del pensionato migliorano a tal punto da consentire una capacità di guadagno superiore a quella richiesta per il pensionamento, ossia quando a seguito di visita di controllo è riscontrato che la percentuale di invalidità non è più del 100%, ci può essere la revoca della pensione di inabilità.
La capacità di guadagno, e il riferimento al lavoro proficuo, sono da valutare non solo in base alle attitudini psico-fisiche del soggetto, ma anche in relazione al contesto socio economico in cui l’assicurato è chiamato ad operare e l’influenza esercitata dal contesto sulle sue residue capacità, nonché la capacità di guadagno non deve essere rapportata al guadagno normale e in generale, ma in riferimento ad occupazioni che corrispondo alla preparazione professionale e alle esperienze lavorative del pensionato interessato.

Calcolo della pensione di inabilità

Per stabilire a quanto ammonta la pensione di inabilità bisogna utilizzare i sistemi di calcolo delle pensioni di vecchiaia o anticipata, ossia il sistema retributivo, misto o contributivo. Il calcolo è identico a quello utilizzato per l’assegno ordinario di invalidità, che spetta ai lavoratori che hanno una capacità lavorativa ridotta di un terzo (percentuale di invalidità dal 66% in poi). Più precisamente, l’importo viene determinato con il sistema di calcolo:
  • retributivo, se il lavoratore può far valere almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995;
  • misto (una quota calcolata con il sistema retributivo e una quota con il sistema contributivo) se il lavoratore alla data del 31 dicembre 1995 non può far valere 18 anni di contributi;
  • contributivo, se il lavoratore ha iniziato l’attività lavorativa dopo il 31 dicembre 1995. 
Il bonus contributivo. L’anzianità contributiva maturata viene incrementata (nel limite massimo di 2080 contributi settimanali) dal numero di settimane intercorrenti tra la decorrenza della pensione e il compimento dell’età pensionabile (prepensionamento invalidi civili), ossia:
  • 55 anni di età per le donne e 60 anni di età per gli uomini, per le pensioni concesse a carico del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti nel sistema retributivo o misto;
  • 60 anni di età, per le donne, e 65 anni di età, per gli uomini, per le pensioni concesse a carico delle Gestioni speciali dei lavoratori autonomi, nel sistema retributivo o misto;
  • 60 anni di età, sia per le donne sia per gli uomini, per le pensioni determinate con il sistema di calcolo contributivo.
Quindi per il periodo che manca per il raggiungimento dell’età pensionabile per gli inabili (55 anni o 60 anni), c’è l’aggiunta di un’anzianità contributiva. Questo bonus contributivo non può comunque far superare i 40 anni di anzianità.
La novità della riforma pensioni. Sulla base di quanto disposto dalla riforma delle pensioni, per le pensioni di inabilità con decorrenza dal 1 febbraio 2012 la maggiorazione convenzionale (il bonus contributivo) si calcola secondo le regole del sistema contributivo.
Integrazione al minimo. Così come per l’assegno ordinario di invalidità, anche la pensione di inabilità, essendo calcolata con i sistemi di calcolo della pensione (contributivo, misto e retributivo), può essere di importo esiguo, inferiore alla pensione minima. In questo caso, c’è il diritto da parte del pensionato per inabilità di integrazione al trattamento minimo.

La domanda e la decorrenza della pensione

La domanda per il riconoscimento della pensione di inabilità. L’invalido civile in possesso dei requisiti richiesti deve presentare domanda all’Inps, direttamente o tramite uno degli Enti di patronato riconosciuti dalla legge che assistono gratuitamente i lavoratori. Mentre in precedenza era possibile fare la domanda direttamente preso le sedi Inps o per via posta con raccomandata con ricevuta di ritorno, a decorrere dal 1 gennaio 2010, le domane per ottenere i benefici previsti dalle leggi in materia d’invalidità civile vanno presentate all’Inps esclusivamente in via telematica.
È necessaria la compilazione del certificato medico (digitale) attestante la natura delle infermità invalidanti. Il certificato ha una validità di 30 giorni. Nella domanda telematica da presentare tramite codice PIN (dispositivo) o tramite Patronato, vanno poi indicati i dati relativi:
  • allo stato di famiglia (autocertificazione);
  • alla data di cessazione dell’attività lavorativa subordinata;
  • alla dichiarazione relativa al diritto alle detrazioni d’imposta;
  • situazione reddituale per accertare il diritto all’integrazione al trattamento minimo, alle maggiorazioni sociali di legge, all’assegno per il nucleo familiare o agli assegni familiari.
Decorrenza. La pensione di inabilità decorre dal 1° giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda se risultano soddisfatti tutti i requisiti, sia sanitari sia amministrativi, richiesti, oppure dal mese successivo a quello di cessazione dell’attività lavorativa o dalla cancellazione dagli elenchi dei lavoratori autonomi. Come abbiamo già detto, è possibile avviare l’accertamento dello stato di inabilità anche in costanza di rapporto di lavoro o in costanza di iscrizione negli elenchi o albi.
Per ottenere l’erogazione della prestazione, l’assicurato richiedente che sia stato riconosciuto inabile al lavoro, deve cessare qualunque attività, come già più volte detto, e deve anche rinunciare alla retribuzione ed ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della stessa. Lo precisa l’art. 2 della legge n. 222 del 1984.
E’ bene precisare che la rinuncia ai trattamenti previdenziali sostitutivi o integrativi della retribuzione, e la cancellazione dagli elenchi e dagli albi, non costituiscono requisiti costitutivi ulteriori per il sorgere del diritto a pensione di inabilità in aggiunta al requisito sanitario e a quello contributivo, ma sono soltanto condizioni di erogabilità della pensione in relazione ad un diritto già sorto, che, tuttavia, vanno accertate al fine di stabilire la concreta erogabilità o meno del trattamento pensionistico con una decorrenza che, in caso di rinuncia o cancellazione effettuata successivamente alla presentazione della domanda di pensione, va fissata nel primo giorno del mese successivo a quello della rinuncia o della cancellazione. Lo ha stabilito una sentenza della Cassazione a sezioni unite. Per questi motivi la decorrenza può partire oltre la data in cui sono soddisfatti tutti i requisiti della domanda presentata.

Pensione di inabilità e altre prestazioni Inps e Inail

La pensione di inabilità e le differenze con l’assegno ordinario di invalidità. I lavoratori con una percentuale di invalidità dal 66% al 99%, che hanno una riduzione della capacità lavorativa di almeno un terzo in maniera permanente, ossia hanno il riconoscimento di una  invalidità parziale a seguito di malattia fisica o mentale, possono chiedere l’erogazione dell’assegno ordinario di invalidità (AOI).
In questo caso quindi non c’è l’impossibilità assoluta e permanente che dà diritto sia all’invalidità al 100% che alla pensione di inabilità. Per entrambe le prestazioni previdenziali è necessaria la presenza di requisiti contributivi (5 anni totali di contribuzione, di cui 3 durante gli ultimi cinque anni, come vedremo). In questi casi si parla di invalidità non professionale, ossia non dovuta a ragioni di servizio o ad infortunio sul lavoro.
La pensione di inabilità è reversibile ai superstiti, mentre l’assegno ordinario di invalidità non è reversibile. Inoltre la pensione di inabilità non è definitiva, può essere soggetta a revisione e non viene trasformata in pensione di vecchiaia.
Pensione di inabilità e rendita Inail. Dal 1 settembre 1995 la pensione di inabilità non può essere cumulata con la rendita Inail dovuta a infortunio sul lavoro o a malattia professionale, riconosciuta per la stessa causa. In ogni caso, se la rendita Inail è di importo inferiore alla pensione di inabilità erogata dall’Inps, il titolare di quest’ultima riceve in pagamento ente previdenziale la differenza tra le due prestazioni. Per i pensionati che hanno avuto una pensione di inabilità con decorrenza precedente al 1 settembre 1995, per effetto della incumulabilità delle due prestazioni, continuano ad avere la pensione pagata in maniera integrale, quindi non adeguata alla differenza tra la pensione e la rendita Inail, ma l’importo risulta cristallizzato fino al riassorbimento del maggior importo pagato dall’Inps.
Consulente del lavoro in Napoli. Esperto di diritto del lavoro e previdenza, di buste paga e vertenze di lavoro. Ama districarsi nell’area fiscale. E risolvere problemi dei lavoratori, delle imprese e dei contribuenti. Email: abarbato@fanpage.it.

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