domenica 21 aprile 2013

Tg CISL. Crisi - Bonanni: abbattimento fiscale su pensioni e salari


Pensionati: sempre peggio...


Il 44% dei pensionati sotto i mille euro, alle donne il 30% in meno


Pensioni, cosa è cambiato nel 2013


I cambiamenti del sistema pensionistico italiano e le penalità per i contribuenti.

Quando si parla di pensioni, si è certi di toccare un tasto dolente per molti italiani. Il sistema pensionistico del nostro paese è costantemente messo sotto la lente d'ingrandimento dei media e dei semplici contribuenti, il motivo è chiaro a tutti, questo sistema, che dovrebbe garantire una vita decente a chi ha lavorato per decenni, non funziona come dovrebbe. L'età del pensionamento si è alzata e il denaro percepito dalla stragrande maggioranza dei pensionati, è sempre lo stesso, se non meno.

La crisi economica ovviamente fa sentire ancora di più il suo peso a chi percepisce solo il minimo della pensione, quindi viene quasi naturale fare riflessioni sul perché il nostro paese non riesca a garantire la dignità di persone che hanno lavorato una vita.
Da una notizia Agi, si apprende che circa tredici persone su cento riscuotono meno di cinquecento euro al mese e che oltre due terzi dei pensionati, non superano i mille.
Le donne sono molto penalizzate da questo sistema pensionistico: infatti, nel 2011 annualmente, l'importo degli assegni erogati dalla Previdenza Sociale, si differenziava rispetto a quelli percepiti dagli uomini, di circa cinquemila euro.
Con la rivoluzione del sistema previdenziale italiano, che ha visto la luce nel 2011, l'età pensionabile si è alzata, soprattutto per gli uomini che, nati nel 1952, si sono visti slittare di ben cinque anni l'agognata retribuzione pensionabile.
Nel 2013, la prospettiva di vita incide sulla pensione di vecchiaia; infatti, viene allungata di tre mesi; per le donne lavoratrici autonome o dipendenti private l'età è dai sessantadue ai sessantatré anni e nove mesi, per le donne dipendenti pubbliche arriva a sessantasei anni e tre mesi, stessa cosa per gli uomini, che essi siano dipendenti o autonomi.
Per quanto riguarda le pensioni di anzianità, nel 2014 scatterà un ulteriore slittamento di un mese, quindi si arriverà a dover versare quarantuno anni e sei mesi di contributi, per le donne, quarantadue anni e sei mesi, per gli uomini.
L'adeguamento alle speranze di vita, che come sopra detto è di tre mesi, è valido per tutti i tipi di pensione; ha una validità triennale, fino al 2019, anno in cui diventerà biennale. Nel 2021, i fortunati che riusciranno a percepire la retribuzione avranno, quindi, un'età minima di sessantasette anni.
Subisce una variazione anche l'età massima per andare in pensione, che anch'essa adeguata alle prospettive di vita, passa a settanta anni e tre mesi, nel 2013, per arrivare, secondo le stime della ragioneria di Stato, a settantacinque anni e tre mesi nel 2065.
Chi avesse provveduto a versare tutti i contributi, ma volesse andare a riposo anticipatamente, si vedrebbe decurtare l'importo della pensione da un minimo dell'1% per un solo anno di anticipo, fino ad arrivare al 6% per chi decidesse di anticipare di quattro anni.
La rivalutazione delle pensioni, cambia gli importi, anche per gli invalidi civili, ma modifica sostanzialmente anche i limiti reddituali, sui quali viene eseguito il conteggio per la retribuzione; se, per esempio, la somma della pensione d'inabilità con il reddito del coniuge, supera i 16.127,30 lordi, l'assegno d'invalidità non sarà più erogato.
L'economia, non solo italiana, sta subendo un'involuzione spaventosa, l'unica speranza è che arrivando a toccare il fondo del barile, si riesca finalmente a capire come fare per poter risalire.

Le pensioni pesano sul PIL




18/04/2013

I dati pubblicati dall'ISTAT confermano che i trattamenti pensionistici sono aumentati in media aumentati rispetto all'anno precedente e indicano come anche la loro incidenza sul PIL sia aumentata. Il 71,6% della spesa totale è impegnato per le pensioni di vecchiaia; il 14,7% per quelle ai superstiti; il 7,9% per quelle di assistenza, il 4,2% per quelle di invalidità ed il restante 1,7% per le pensioni di indennitá. La pensione di vecchiaia è quindi la voce predominante che, se da un lato deve garantire la capacitá di sussistenza per i suoi beneficiari, dall'altro deve essere monitorata al fine di renderla efficiente, in un contesto più generale. L'importo medio annuo dei trattamenti pensionistici è pari ad euro 11.229 (più 352 rispetto al 2010): corrispondendo, in media, a meno di 1000 euro al mese, si tratta di importi che difficilmente assicurano la sussistenza a tutti i beneficiari. Se invece si considera che un beneficiario può percepire a che più di un trattamento pensionistico, in media, ciascuno dei 16,7 milioni di pensionati, riceve 15.957 all'anno (un incremento di 486 euro rispetto al 2010). La maggioranza relativa dei pensionati (32,8%) riceve una pensione superiore a 1.500 euro al mese; ed il 23,1% una pensione compresa tra 1.000 e 1.500. Se da un lato più del 50% dei pensionati gode di un trattamento uguale o superiore ad euro 1.000 al mese, dall'altro sono ancora il 13,3% coloro che ricevono meno di 500 euro al mese, ed il 30,8% che pur superando 500 euro mensili, non arrivano a 1.000. A livello territoriale la distribuzione dei trattamenti pensionistici vede erogare il 47,9% al Nord; il 20,5% al Centro ed il restante 31,60% al Sud. La distribuzione per genere dei beneficiari ci dice che la maggioranza assoluta (52,9%) sono donne che però percepiscono in media solamente euro 13.228, rispetto all'importo medio percepito dagli uomini che ammonta ad euro 19.022. Tra questi i 2/3 è titolare di una sola pensione ed il 24,8% ne percepisce due, quindi sono meno del 10% i soggetti che percepiscono più di due trattamenti pensionistici contemporaneamente. La maggioranza dei pensionati è nella fascia 65-79 anni, mentre agli estremi troviamo il 27,8% di pensionati come meno di 65 anni ed il 23% con più di 80 anni.

Quasi una pensione su due sotto i mille euro al mese


Il 13,3% riceve meno di 500 euro.
Uno su quattro riceve due assegni
In Italia 7,4 milioni di pensionati vivono potendo contare su assegni inferiori ai mille euro. Si tratta del 44,1% dell’intero universo dei pensionati. E tra loro 2,2 milioni percepiscono meno di 500 euro. La radiografia condotta dall’Istat, assieme all’Inps, aggiorna i dati sul 2011, confermando che per quasi la metà dei pensionati i redditi si fermano a 999 euro. Un tetto giudicato troppo basso dai sindacati. Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, chiede «un abbattimento fiscale», mentre il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, ammette come il pignoramento di stipendi e pensioni sia un problema «serio». Un budget magro quindi, che si assottiglia ancora di più guardando alle donne. Le pensionate prendono il 30% in meno degli uomini, con il 53,4% di loro, ovvero 4,7 milioni, che va avanti con assegni sotto i mille euro. 

Nonostante ciò la spesa complessiva per prestazioni pensionistiche nel 2011 sfiora i 266 miliardi di euro, in aumento del 2,9%. E la sua incidenza sul Pil sale al 16,85%. Una crescita che l’Istituto di statistica spiega con l’aumento dell’importo medio (+3,2%), «a fronte di una lieve riduzione del numero dei trattamenti erogati». Il report conta in un anno 38 mila pensionati in meno, mentre è naturale che i nuovi assegni pesino un po’ di più di quelli avviati tempo fa e cessati nel 2011. 

Dietro le medie si nasconde un Paese spaccato, con forti differenze territoriali e di genere. Guardando alle diverse regioni, ancora una volta è al Nord che si concentra circa la metà delle prestazioni, mentre nel Mezzogiorno la quota scende a un terzo. Nel 2011 è ancora ampia la distanza che divide donne e uomini: le pensionate percepiscono quasi 5 mila 800 euro in meno l’anno. Sul fronte età l’Istat fa notare come la stragrande maggioranza dei pensionati abbia più di 64 anni, tuttavia «una quota consistente», il 27,8%, ha un’età inferiore. In questi casi si parla soprattutto di rendite per infortunio e malattia professionale, così come di pensioni di invalidità, anche se non manca una quota riferita alla vecchiaia. Riguardo ai diversi tipi di assegni, l’Istat precisa come il gruppo più numeroso sia composto da titolari di pensioni di vecchiaia (11,6 mln); seguono i beneficiari di rendite da superstiti (4,5 mln) e d’invalidità civile (2,6 mln). Ancora meno sono i titolari di pensioni indennitarie, sociali e di guerra. 

I sindacati dei pensionati suonano l’allarme. Tutti quanti (Cgil, Cisl, Uil, Ugl) chiedono di rivalutare subito le pensioni, adeguandole al costo della vita. Befera sul tema dei pignoramenti delle pensioni riconosce che «bisogna intervenire con nuove regole». La Cia-Confederazione italiana agricoltori descrive una situazione difficilissima nelle campagne, «con 7 pensionati su 10 vicini alla soglia di povertà», sulla stessa linea la Coldiretti. Invece la Cgia di Mestre calcola che, con un «importo medio mensile lordo per beneficiario di oltre 3.500 euro, gli ex dipendenti del settore del volo sono i pensionati Inps più ricchi d’Italia».  

Aumenta la spesa per le pensioni


pensioni_istatNel 2011, il sistema pensionistico italiano ha erogato 23,7 milioni di prestazioni pensionistiche, per un ammontare complessivo pari a 265.963 milioni di euro; il valore corrisponde al 16,8% del prodotto interno lordo (Pil)1 e a un importo medio per prestazione pari a 11.229 euro. Rispetto al 2010, la spesa complessiva per pensioni è aumentata del 2,9% e la quota sul Pil è cresciuta di 0,2 punti percentuali. È quanto emerge dalla rilevazione annuale sui trattamenti pensionistici e sui loro beneficiari condotte dall’Istat e dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, a partire dai dati dell’archivio amministrativo – Casellario centrale dei pensionati2 – nel quale sono raccolte le informazioni sulle prestazioni pensionistiche erogate da tutti gli enti previdenziali italiani, pubblici e privati.
Le prestazioni pensionistiche sono classificate in sette gruppi: vecchiaia, invalidità, superstiti, indennitarie, invalidità civile, sociali e guerra (per le definizioni dei gruppi si rinvia al glossario). Poiché una singola persona può beneficiare di più pensioni appartenenti anche a tipologie diverse, la somma rispetto alle diverse tipologie può essere ottenuta solo con riferimento al numero di prestazioni.
Le pensioni di invalidità, vecchiaia e superstiti (Ivs) sono 18,6 milioni (il 78,4% del totale), per una spesa complessiva di 240.688 milioni di euro (il 90,5% del totale) e un importo medio annuo di 12.961 euro.
Le pensioni di vecchiaia o anzianità sono la maggioranza (il 51,9% dei trattamenti pensionistici), e presentano l’importo medio annuo più elevato, pari a 15.497 euro, per una spesa complessiva di 190.416 milioni di euro (il 71,6% del totale).
Le pensioni ai superstiti sono il 20,6% dei trattamenti pensionistici e assorbono il 14,7% della spesa (per un totale di 39.113 milioni); il restante 5,9% delle prestazioni si riferisce agli assegni ordinari di invalidità e a pensioni di inabilità, che assorbono il 4,2% della spesa totale (11.159 milioni).
Le pensioni assistenziali rappresentano la seconda tipologia in termini di spesa: si tratta di 4,3 milioni di trattamenti che, con un importo medio annuo di 4.891 euro, assorbono una spesa pari a 20.879 milioni di euro (il 7,9% del totale). Sono in maggioranza costituite da pensioni di invalidità civile e dalle indennità di accompagnamento ad esse associate, le quali rappresentano il 13,4% delle prestazioni e assorbono il 5,7% della spesa.
Le pensioni indennitarie, infine, fanno rilevare una spesa complessiva di 4.396 milioni di euro (1,7% del totale), distribuita su 848 mila trattamenti, per un importo medio pari a 5.186 euro.
Nel 2011, la spesa pensionistica totale è cresciuta del 2,9% rispetto all’anno precedente, passando da 258.477 a 265.963 milioni di euro. Tale crescita, a fronte di una lieve diminuzione nel numero dei trattamenti erogati (-0,3%), è imputabile all’aumento dell’importo medio delle prestazioni erogate, pari al 3,2%. Incrementi della spesa si registrano per le pensioni di vecchiaia (+3,7%) e ai superstiti (+1,9%), per le invalidità civili (+1,5%) e per le pensioni sociali (+4,1%). La diminuzione del numero dei trattamenti, solo parzialmente compensata dall’aumento degli importi medi erogati, determina il calo della spesa per le pensioni di invalidità (-3,3%), di guerra (-1,9%) e per le prestazioni indennitarie (-0,4%).

PENSIONI: NON PUO’ BASTARE CHIEDERNE LA RIVALUTAZIONE


Da:http://www.sassiland.com/notizie_matera/notizia.asp?id=22353&t=pensioni_non_puo_bastare_chiederne_la_rivalutazione

Chiusura della stagioneChiusura della stagione
17/04/2013

Nota della Consulta degli Anziani della DC-Libertas della Basilicata
BASILICATA“Se iI 13,3% dei pensionati riceve meno di 500 euro al mese e il 30,8% tra i 500 e i 1.000 euro, come riferisce oggi il Rapporto dell’Istat che, tradotto nell’ennesima statistica “alla Trilussa”, vale a dire al di là dei dati matematici, è la conferma che il potere di acquisto dei nostri pensionati è ancora più basso, la riduzione dei costi della politica e con essa di privilegi e benefici “esclusivi” di categorie sociali come di amministratori pubblici acquista un ulteriore significato da noi dove da tempo è in atto una campagna di stampa per l’abolizione da subito dei vitalizi ai consiglieri regionali”. Lo sostiene in una nota la Consulta degli Anziani della DC-Libertas della Basilicata, sottolineando che “i pensionati lucani percepiscono, in media, la metà di quelli lombardi ed hanno un  reddito annuo tra i 13mila e i 13.500 euro con differenze sensibili  tra categorie senza dimenticare le pensioni sociali e di invalidità che ammontano a poche centinaia di euro al mese. Di fatto oltre i tre quarti (76,9%) dei titolari di pensioni sociali percepiscono redditi di importo mensile inferiore ai 1.000 euro (il 39,1% non supera i 500 euro). La quota scende a meno della meta' tra i pensionati di invalidita', anche civile (47,4% e 40% rispettivamente) e a un terzo tra i titolari di pensioni di vecchiaia (33,4%) e i superstiti (37,1%). Tuttavia, ben il 26,6% dei titolari di pensioni di invalidita' civile non supera i 500 euro, a differenza delle altre tipologie per le quali la quota di coloro che percepiscono gli importi piu' bassi si attesta al 20,9% per le indennitarie, scende all'8,4% nel caso dei superstiti e al 5,3%, nel caso di pensioni di vecchiaia e invalidita'. C’è poi la conferma di una grave disparità perchè un pensionato del Sud percepisce meno di quello del Nord: 14.447 euro contro 17.088 euro. Le pensioni di vecchiaia pesano per il 71,6%
E anche se le donne rappresentano la quota maggioritaria (il 52,9%), sono penalizzate rispetto agli uomini che percepiscono il 56,1% dei redditi pensionistici. L'importo medio dei trattamenti percepiti dalle donne, infatti, è pari al 70% circa di quello degli uomini (13.228 euro contro 19.022 euro). Oltre la metà delle donne (53,4%) riceve meno di mille euro al mese, a fronte di circa un terzo (33,6%) degli uomini.
 Sono dati statistici che – a parere della Consulta Anziani DC – “fotografano” solo in parte il forte disagio di cittadini che oltre a sopravvivere facendo i salti mortali sui consumi alimentari, in grande maggioranza, sostengono figli disoccupati e persino sposati e nipoti agli studi universitari. Per questo a causa del grave stato di impoverimento non basta più limitarsi a chiedere la rivalutazione delle indennità pensionistiche. C’è bisogno di ridefinire misure e provvedimenti per cambiare le politiche sociali e trasformarle da assistenziali in tutela autentica di diritti delle persone. Purtroppo accade che in Basilicata i fondi regionali sono sprecati in mille rivoli caritatevoli e non raggiungono lo scopo principale”.
 

sabato 20 aprile 2013

Pensione anticipata

Da:https://www.inps.it/portale/default.aspx?sID=%3B0%3B6118%3B6196%3B6197%3B6213%3B5614%3B8040%3B&lastMenu=8040&iMenu=1&iNodo=8040&p4=2

 CHE COS’E’

È una prestazione economica a domanda, erogata ai lavoratori dipendenti e autonomi iscritti all’assicurazione generale obbligatoria (AGO) ed alle forme sostitutive, esonerative ed integrative, la cui pensione è liquidata con il sistema di calcolo retributivo, misto o contributivo.

A CHI SPETTA


1) Soggetti in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995

Dal 1° gennaio 2012, i soggetti con anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, possono conseguire il diritto alla pensione anticipata se in possesso delle seguenti anzianità contributive:
ANZIANITÀ CONTRIBUTIVA
DecorrenzaUominiDonne
dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 201242 anni e 1 mese41 anni e 1 mese
dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 201342 anni e 5 mesi*41 anni e 5 mesi*
dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 201542 anni e 6 mesi*41 anni e 6 mesi*
dal 1° gennaio 201642 anni e 6 mesi**41 anni e 6 mesi**
*Requisito adeguato alla speranza di vita
**Requisito da adeguare alla speranza di vita

Ai fini del raggiungimento del requisito contributivo è valutabile la contribuzione versata o accreditata a qualsiasi titolo, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione utile per il diritto alla pensione di anzianità disciplinata dalla previgente normativa.

Per i soggetti che accedono alla pensione anticipata ad un’età inferiore a 62 anni si applica, sulla quota di trattamento pensionistico relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 2011, una riduzione pari ad un punto percentuale per ogni anno di anticipo nell’accesso alla pensione rispetto all’età di 62 anni; tale percentuale annua è elevata a due punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni.

La predetta riduzione si applica sulla quota di trattamento pensionistico calcolata secondo il sistema retributivo. Pertanto, per coloro che hanno un’anzianità contributiva pari a 18 anni al 31 dicembre 1995, la riduzione si applica sulla quota di pensione relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 2011; mentre, per coloro che hanno un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995, la cui pensione è liquidata nel sistema misto, la riduzione si applica sulla quota di pensione relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 1995.

Tale riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici non si applica a coloro che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, a condizione che tale anzianità contributiva derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo tutta la contribuzione obbligatoria e da ricongiunzione, i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l’assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria. La contribuzione derivante da riscatto, invece, può essere considerata utile solo se connessa dall’origine con una effettiva attività lavorativa.

2) Soggetti con primo accredito contributivo a decorrere dal 1° gennaio 1996

Dal 1° gennaio 2012, i soggetti il cui primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996 possono conseguire il diritto alla pensione anticipata al ricorrere di una delle seguenti condizioni:
a) secondo i seguenti requisiti contributivi:
REQUISITI CONTRIBUTIVI
DecorrenzaUominiDonne
dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 201242 anni e 1 mese41 anni e 1 mese
dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 201342 anni e 5 mesi*41 anni e 5 mesi*
dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 201542 anni e 6 mesi*41 anni e 6 mesi*
dal 1° gennaio 201642 anni e 6 mesi**41 anni e 6 mesi**
*Requisito adeguato alla speranza di vita
**Requisito da adeguare alla speranza di vita

Ai fini del perfezionamento del requisito contributivo è valutabile la contribuzione versata o accreditata a qualsiasi titolo - con esclusione di quella derivante dalla prosecuzione volontaria – mentre quella accreditata per periodi di lavoro precedenti il raggiungimento del 18° anno di età è moltiplicata per 1,5. Nei confronti dei lavoratori con primo accredito contributivo a decorrere dal 1° gennaio 1996 non opera la riduzione del trattamento pensionistico in caso di accesso alla pensione ad un’età anagrafica inferiore a 62 anni.

b) Al compimento di 63 anni, a condizione che risultino versati e accreditati almeno 20 anni di contribuzione “effettiva” e che l’ammontare della prima rata di pensione risulti non inferiore ad un importo soglia mensile pari a 2,8 volte l’importo mensile dell’assegno sociale.
Ai fini del computo dei 20 anni di contribuzione “ effettiva” è utile solo la contribuzione effettivamente versata (obbligatoria, volontaria, da riscatto), con esclusione di quella accreditata figurativamente a qualsiasi titolo.

LA DOMANDA

La domanda di pensione anticipata si presenta esclusivamente attraverso uno dei seguenti canali:
  • web – la richiesta telematica dei servizi è accessibile direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Istituto (www.inps.it);
  • telefono – chiamando il Contact Center integrato al numero 803164 gratuito da rete fissa o al numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico, abilitati ad acquisire le domande di prestazioni ed altri servizi per venire incontro alle esigenze di coloro che non dispongono delle necessarie capacità o possibilità di interazione con l’Inps per via telematica;
  • enti di Patronato e intermediari autorizzati dall’Istituto, che mettono a disposizione dei cittadini i necessari servizi telematici.

QUANDO SPETTA

La pensione anticipata decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda.
Ai fini del conseguimento della prestazione pensionistica è richiesta la cessazione del rapporto di lavoro dipendente. Non é, invece, richiesta la cessazione dell'attività svolta in qualità di lavoratore autonomo.

Messaggio n. 6340.Accesso alla pensione di vecchiaia dei lavoratori iscritti al soppresso Fondo di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizi di trasporto aventi la qualifica di “personale viaggiante”. Precisazione con riguardo alla pensione di invalidità specifica di cui all’art. 12, primo comma, lettera a), della legge 28 luglio 1961, n. 830.



Direzione Centrale Pensioni
Roma, 16-04-2013
Messaggio n. 6340
Allegati n.1
OGGETTO:
Accesso alla pensione di vecchiaia dei lavoratori iscritti al soppresso Fondo di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizi di trasporto aventi la qualifica di “personale viaggiante”.
Precisazione con riguardo alla pensione di invalidità specifica di cui all’art. 12, primo comma, lettera a), della legge 28 luglio 1961, n. 830.
Sono pervenute da parte di alcune sedi richieste di chiarimento in merito al requisito della perdita del titolo abilitante per raggiungimento del limite di età, per gli iscritti al fondo autoferrotranvieri che rivestono la qualifica ed esercitano le mansioni di“personale viaggiante”.
Sono inoltre pervenute richieste di precisazioni con riguardo alla pensione di invalidità specifica di cui all’art. 12, primo comma, lettera a) della legge 28 luglio 1961, n. 830.
1 - PERDITA DEL TITOLO ABILITANTE

Non essendo stata modificata dalle recenti riforme pensionistiche la disposizione speciale di cui al comma 6 dell’art. 3 del decreto legislativo n. 414 del 1996 che, in materia di età pensionabile, conferma quanto disposto dall'art. 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, l’età pensionabile per l’accesso alla pensione di vecchiaia per i lavoratori iscritti al soppresso Fondo di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizi di trasporto che rivestono la qualifica di “personale viaggiante” è di 60 anni per gli uomini e di 55 anni per le donne.
Per quanto disposto dall’art. 12, comma 12-quater, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, tali requisiti anagrafici devono essere necessariamente adeguati alla cosiddetta “speranza di vita”. Tuttavia, tale adeguamento, per espressa previsione normativa, non opera “per i lavoratori per i quali viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa per il raggiungimento di tale limite di età”.
I lavoratori per i quali viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa al raggiungimento dei 60 anni accedono al trattamento pensionistico in base alla disciplina di cui alla Legge n. 247/2007.
Per i lavoratori per i quali, invece, non viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa per raggiungimento dei limiti di età l’accesso al trattamento pensionistico avviene trascorsi dodici mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti (finestra mobile di cui all’art. 12 del DL n. 78/2010 convertito dalla legge n° 122/2010).
Si precisa che il venir meno del titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa per raggiungimento del limite di età si verifica solo nell’ipotesi in cui, per una specifica attività lavorativa, è espressamente previsto, normativamente, un limite massimo di età.
Ciò ricorre nelle seguenti ipotesi:
- L’art. 115 comma 2 lett. b) del decreto legislativo 30/4/1992 n. 285 (Codice della strada) prevede che chi guida veicoli a motore non può aver superato: “anni sessanta per guidare autobus, autocarri, autotreni, autoarticolati, autosnodati, adibiti al trasporto di persone. Tale limite può essere elevato, anno per anno, fino a sessantotto anni qualora il conducente consegua uno specifico attestato sui requisiti fisici e psichici a seguito di visita medica specialistica annuale, con oneri a carico del richiedente, secondo le modalità stabilite nel regolamento”;
- Ai sensi dell’art. 1 dell’All. B del D.M. 4 agosto 1998, n. 513, il personale addetto alla condotta dei convogli tramviari in servizio urbano deve essere almeno in possesso di patente di guida categoria D oltre al certificato di abilitazione professionale di categoria D.
Da quanto sopra detto, risulta che:
A. Il titolo abilitante viene meno nell’ipotesi in cui :
l’autista di autobus o il conducente di tram ha compiuto 60 anni e non chiede l’elevazione del limite di età;
l’autista di autobus o il conducente di tram sottoposto a 60 anni a visita per l’elevazione del limite di età, non ottiene tale elevazione;
In tali situazioni l’accesso alla pensione anticipata di vecchiaia si consegue al raggiungimento del limite di età di 60 anni + la finestra di cui alla legge n°247/2007.
La domanda di pensione, in questi casi, andrà anche corredata da (rif. MSG n°11010/2012):
dichiarazione di responsabilità di non aver richiesto/non essere stato sottoposto ad accertamento sanitario per l’elevazione del limite di età, ovvero
documentazione attestante l’esito negativo dei prescritti accertamenti medico-legali per l’elevazione del limite di età.
B. Il titolo abilitante non viene meno:
nell’ipotesi in cui l’autista di autobus o il conducente di tram al compimento di 60 anni ha ottenuto l’elevazione del limite di età (anche nel caso in cui la risoluzione del rapporto di lavoro intervenga prima della maturazione delle condizioni di seguito precisate);
per tutti gli altri profili appartenenti alla qualifica di personale viaggiante (macchinista, capotreno, controllore, ecc.).
In tali situazioni l’accesso al trattamento pensionistico si consegue a 60 anni + incremento per l’adeguamento alla speranza di vita ( pari per il triennio 2013/2015 a 3 mesi) + finestra di cui alla legge n° 122/2010.
Qualora la perdita del titolo abilitante avvenga successivamente al compimento del 60° anno di età, le modalità di accesso al pensionamento sono quelle sopra descritte (60 anni + speranza di vita + finestra di 12 mesi).
Si precisa da ultimo che il personale viaggiante che continua a svolgere tale attività anche successivamente alla maturazione delle predette condizioni di accesso al pensionamento, consegue il trattamento pensionistico dal primo giorno del mese successivo alla cessazione dal servizio, senza applicazione di ulteriori finestre di uscita.
Si richiamano, inoltre, le istruzioni fornite con i messaggi nn. 5891/2011, 11010/2012 e 13399/2012
2 - PENSIONE DI INVALIDITÀ SPECIFICA

Gli iscritti al soppresso Fondo di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizi di trasporto possono essere collocati in pensione per invalidità (c.d. specifica) se riconosciuti invalidi in modo permanente ed assoluto alle funzioni proprie delle qualifiche di cui sono rivestiti, quando abbiano almeno 10 anni di servizio e purché per incapacità fisica o per mancata disponibilità di posti, non possano essere adibiti ad altri servizi dell'azienda.
Con riguardo al personale viaggiante, si precisa che tale prestazione può essere riconosciuta fino a quando non siano maturate tutte le condizioni previste per l’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia (comprese l’adeguamento alla speranza di vita e la finestra).
Il Direttore Generale
Nori
Allegato N.1

Pensioni, l’opzione donna non è applicabile a tutti


Da:http://laprovinciapavese.gelocal.it/cronaca/2013/04/09/news/pensioni-l-opzione-donna-non-e-applicabile-a-tutti-1.6854884


Dubbi sulle pensioni. Ecco le risposte alle domande arrivate via mail durante il «filo diretto» con l’ex direttore dell’Inps Remo Epifani

 
    PAVIA. Dubbi sulle pensioni. Ecco le risposte alle domande arrivate via mail durante il «filo diretto» con l’ex direttore dell’Inps Remo Epifani.
    L’opzione donna. La signora Maria Laura, 55 anni con il prossimo mese di maggio 2013 - come spiega nella sua mail - ha 36 anni di contributi. Potrà andare in pensione con «l’opzione donna» prevista, fino al 31 dicembre 2015, per le lavoratrici dipendenti e autonome? L’opzione donna consente di andare in pensione con 35 anni di contributi e 57 anni di età. «Ai fini dell’efficacia del ricorso alla predetta procedura è necessario che la decorrenza della pensione si collochi entro il 31 dicembre 2015 – spiega Epifani – Al requisito anagrafico dei 57 anni per le lavoratrici dipendenti e di 58 anni per le lavoratrici autonome si applica l’adeguamento agli incrementi della speranza di vita, che nel periodo 2013 - 2015 è di tre mesi. La signora Maria Laura compie i 57 anni e 3 mesi ad agosto 2015 e in questo mese perfeziona quindi i requisiti dell’opzione donna». Quando potrà andare in pensione? «La decorrenza di questa pensione si collocherebbe trascorsi 12 mesi dopo quello di maturazione del diritto alla pensione e in definitiva al primo settembre 2016 – spiega Epifani – cioè oltre il periodo di applicazione dell’opzione donna. Fatte queste precisazioni non sembra affatto possibile confermare alla signora Maria Laura la possibilità di conseguire il diritto alla pensione di anzianità usando questa opzione».
    15 anni di contributi. La signora Maria Teresa, nata nel 1955, segnala di aver completato il raggiungimento di 15 anni di contributi solo nel 1998 grazie anche ai versamenti volontari cui era stata autorizzata sin dal 1982. Potrà comunque accedere alla pensione di vecchiaia? «La signora teme che l’entità della contribuzione posseduta sia di impedimento per il conseguimento della citata pensione e che pertanto non debba integrarla fino ai 20 anni, che oggi rappresentano il requisito contributivo minimo richiesto per maturare il diritto alla pensione di vecchiaia – spiega Epifani – La risposta da offrire alla signora Maria Teresa è del tutto rassicurante. L’Inps ha infatti precisato che il requisito contributivo di 15 anni per ottenere la pensione di vecchiaia opera ancora nei confronti dei lavoratori dipendenti e autonomi ammessi alla prosecuzione volontaria da data anteriore al 31 dicembre 1992, come è il suo caso».
    Collaboratori a progetto. Il signor Cesare scrive di aver compiuto 60 anni lo scorso 2012 e di aver maturato sempre nel 2012 anche 36 anni di contributi, grazie anche ai versamenti volontari autorizzati nel 2008. «Con tale situazione egli riteneva di poter conseguire la pensione di anzianità con la regola delle quote, somma di età anagrafica e anzianità contributiva che nel 2012 era appunto prevista nel valore 96, come da lui posseduta, cioè 60 anni di età più 36 anni di contributi – spiega l’ex direttore dell’Inps – Ma questa possibilità è venuta meno. Né egli ha potuto fruire della speciale “salvaguardia”. Nei suoi confronti l’Inps ha infatti accertato lo svolgimento di attività lavorativa, pur se precaria come “collaboratore coordinato a progetto”, dopo l’autorizzazione ai versamenti volontari. Questa circostanza, nella collegata disciplina della salvaguardia, è prevista come causa di esclusione dalla salvaguardia stessa. Come possibilità per accedere al pensionamento, si segnala al signor Cesare, che è prevista la possibilità di fare ricorso alla disposizione eccezionale dell’articolo 24, comma 15 bis della legge n.214/2011, in forza della quale i lavoratori dipendenti del settore privato possono conseguire il trattamento della pensione anticipata al compimento del 64esimo anno di età se in possesso entro il 2012 della richiamata “quota 96”, con almeno 35 anni di contributi». Questa disposizione si applica tuttavia ai lavoratori che alla data di entrata in vigore della legge n.214/2011 (28 dicembre 2011) svolgevano attività di lavoro dipendente nel settore privato. Per quanto riguarda infine i versamenti effettuati alla Gestione separata ( ex co.co.co. o co.co.pro.) la normativa prevede che «qualora gli iscritti alla Gestione non raggiungono i requisiti per il diritto aduna pensione autonoma, ma conseguono la titolarità di un trattamento pensionistico a carico dell’assicurazione generale obbligatoria hanno diritto alla liquidazione della pensione supplementare». Calcolata sulla base dei contributi versati.
    Il lavoratore dipendente. Il signor Angelo, lavoratore dipendente di 51 anni, ha 35 anni di contributi. Quando andrà in pensione? «La prospettiva pensionistica, per così dire più rapida, che gli si può offrire è quella della pensione anticipata, prescindendo dall’età anagrafica – spiega Epifani – Il signor Angelo potrà maturare il diritto alla pensione anticipata quando avrà raggiunto 43 anni e 5 mesi di contributi, prevista per il mese di maggio 2021, quando egli avrà poco più di 59 anni di età».
    I salvaguardati. La signora Nadia, 60 anni di età lo scorso giugno 2012, riferisce di aver cessato «l’attività lavorativa nel 1985 dopo aver raggiunto 16 anni e mezzo di contributi come lavoratrice dipendente privata». A luglio del 2012 ha ricevuto una lettera con la quale l’Inps le comunicava una sua possibile inclusione nei «salvaguardati». Poi non è arrivata nessun’altra comunicazione. «I dati da lei forniti non sono sufficienti per individuare la categoria di lavoratori salvaguardati in cui collocare eventualmente la sua posizione – spiega Epifani – La signora Nadia, con i suoi 16 anni e mezzo di contributi maturati entro il 31 dicembre 1992, è in possesso del requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia». Potrà andare in pensione a 66 anni e 11 mesi di età, cioè a maggio del 2019. «La sua pensione avrà la decorrenza dal 1° giugno 2019».
    La pensione anticipata. La signora Marilena di 63 anni e con 18 anni di contributi chiede di sapere se potrà avere diritto alla pensione di anzianità. «Per maturare il diritto alla pensione anticipata, che dal primo gennaio 2012 ha sostituito la vecchia pensione di anzianità, oggi, 2013, è richiesta una contribuzione di 41 anni e 5 mesi. I 18 anni di contributi posseduti dalla signora Marilena non sono peraltro sufficienti per maturare il requisito minimo di 20 anni – spiega Epifani – richiesto insieme al requisito anagrafico dell’età, per la pensione di vecchiaia. Per questa pensione oggi in via normale sono infatti richiesti almeno 20 anni di contributi. Per poter ottenere questa pensione lei dovrà pertanto integrare i due anni di contributi mancanti prestando attività lavorativa per una pari durata o facendo ricorso per lo stesso periodo ai versamenti volontari per i quali deve chiedere l’autorizzazione al suo Ente di previdenza al quale è stata iscritta. L’alternativa a quanto segnalato – spiega ancora Epifani – è l’avvenuto raggiungimento della contribuzione posseduta entro il 1992: se non di tutti i 18 anni almeno di 15 anni di contributi. In questo caso, se cioè la signora Marilena è in possesso con riferimento alla data del 31 dicembre 1992 di almeno 15 anni di contribuzione, ha già maturato il requisito per ottenere la pensione di vecchiaia. Ha inoltre già maturato nel 2010 il requisito anagrafico: la signora Marilena può farne da subito richiesta al proprio Ente di previdenza».
    09 aprile 2013

    Riforma Cassa ragionieri, scatta il semaforo verde

    Da:http://www.ragionierieprevidenza.it/cpro/ControllerRedirect.do?fnzCod=CPFRRARV&rivPrg=325&artPrg=1935&rivCor=325
    La delibera del fondo previdenziale: pensione di vecchiaia agevolata per chi ha 70 anni e sceglie di cessare l’attività. Previsto anche l’aumento dei requisiti d’età e dei contributi. “Dimostriamo l’utilità degli ordini".
    Carlo Mancino
    La Cassa ragionieri vara una misura straordinaria adottata in via d’urgenza, in attesa della riforma complessiva del sistema prevista dal decreto salva Italia. Verrà sottoposta al prossimo Comitato dei delegati. Si tratta di una nuova tipologia di pensione definita “pensione di vecchiaia agevolata in favore degli iscritti cessati”. Sulla “Gazzetta Ufficiale” 199 del 27 agosto è stato pubblicato il comunicato relativo alla nota ministeriale relativa all’approvazione di concerto con il ministero dell’Economia e delle finanze della deliberazione dell’8 giugno 2012 adottata dallo stesso Comitato dei delegati della Cassa dei ragionieri e dei periti commerciali (Cnpr), relativa a modifiche apportate al proprio regolamento di esecuzione. In particolare gli articoli 48, 49 e 51 del regolamento di esecuzione variano i requisiti di accesso alla pensione. Dal 1 luglio 2012 gli iscritti all’Associazione prima del 2004, che abbiano compiuto 70 anni di età con almeno 25 anni di effettiva iscrizione e contribuzione e che cessino (o siano cessati) dall’iscrizione, maturano il diritto alla pensione. Per coloro iscritti al 31 dicembre 1991 l’anzianità venticinquennale resta confermata a venti anni. La prestazione decorrerà a domanda dal primo giorno del mese successivo a quello di prestazione dell’istanza. Nasce quindi la pensione di vecchiaia agevolata in favore degli iscritti cessati: rispetto a prima è che i 70enni possono conseguire la pensione di vecchiaia solo a seguito della cessazione dell’attività professionale. Ne consegue che la pensione di vecchiaia liquidata a favore degli iscritti alla data del 31 dicembre 2003 rimane possibile solo al compimento del 65esimo anno di età con almeno trenta anni complessivi di effettiva iscrizione e contribuzione. Anche in questo caso la pensione è corrisposta a domanda e decorrerà dal primo giorno del mese successivo a quello di prestazione della stessa. La delibera costituisce una misura straordinaria adottata in via d’urgenza in attesa della riforma complessiva del sistema prevista dal decreto salva Italia, per assicurare l’equilibrio di lungo periodo sarà discussa e votata a settembre dove è prevista una elevazione dei requisiti di età e di contribuzione per il conseguimento della pensione dì vecchiaia. La Riforma Monti-Fornero ha infatti previsto che le Casse previdenziali privatizzate dovranno adottare entro il 30 settembre misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti a un arco temporale di cinquanta anni. In caso contrario, con decorrenza retroattiva al primo gennaio si applicherà il sistema contributivo pro-rata per tutti gli iscritti con riferimento alle anzianità contributive maturate da tale data, nonché un contributo di solidarietà per gli anni 2012 e 2013 a carico dei pensionati nella misura dell’1 per cento.
    Ipotesi accorpamenti.
    “Dobbiamo valutare l’effetto sulle casse del nuovo regime di incompatibilità”. Al presidente della Cassa dei ragionieri Paolo Saltarelli la riforma piace, anche se per lui resta un punto da chiarire. “Questa riforma arriva dopo anni di chiacchiere e dimostra l’utilità degli ordini spesso considerati solo organismi corporativi - spiega Saltarelli -. Siamo soddisfatti che alle casse sia stata riconosciuta anche la possibilità di negoziare l’assicurazione divenuta ormai obbligatoria”. Saltarelli non si preoccupa dell’assenza di un contestuale obbligo per l’assicuratore di stipulare la clausola. Punto sul quale il presidente del Cup, Marina Calderone, si è impegnata a chiedere al Governo uno strumento che superi il problema. “Per quello che ci riguarda abbiamo già una convenzione in atto, benché siamo considerati tra i “clienti” più a rischio. E, grazie alle nuove norme - sottolinea il presidente - possiamo metterla a disposizione di tutti i nostri iscritti”. Difficile al momento fare una previsione su quali saranno le ricadute pratiche della riforma disegnata dal Dpr professioni licenziato ieri dal Consiglio dei ministri.
    Ma certo, c’è un’incognita, che non riguarda solo i ragionieri o i commercialisti ma tutti gli ordini e che potrebbe avere un certo peso. Il regolamento non prevede un’elencazione per singole attività delle incompatibilità “controindicate” per lo svolgimento della professione. Si tratta di una genericità della formulazione - afferma Saltarelli - che potrebbe avere un impatto sulle casse se la norma venisse interpretata come il via libera anche all’iscrizione a più albi.
    “Il mio timore - spiega Saltarelli - è che si potrebbe andare verso la possibilità di fare accorpamenti tra professionisti pensando di potenziare la sostenibilità delle casse”. Quello che Saltarelli vorrebbe - pur accettando la separazione delle casse tra ragionieri e commercialisti - è trovare ruoli differenziati per le due professioni. “Si sa che per sposarsi bisogna essere in due mentre per separarsi basta uno - confessa Paola Saltarelli - ma visto che ora con i colleghi commercialisti siamo dei separati in una casa comune perché, di fatto, facciamo le stesse cose, sarebbe bene trovare una “mission” che ci contaddistingua e degli obiettivi specifici”. I commercialisti, come il resto delle Casse di previdenza, cercano di vincere la sfida della sostenibilità a 50 anni. I ragionieri, dopo dieci anni, potrebbero dunque varare la loro riforma dopo il prossimo Comitato dei delegati.
    Razionalizzazione dei costi.
    “Il tema della riduzione dei costi delle casse di previdenza è cruciale. In un periodo in cui anche lo Stato italiano sta facendo una “cura dimagrante”, è giusto che i fondi pensionistici privati si apprestino a razionalizzare i costi. Non che riducendoli si guadagni molto in sostenibilità di lungo periodo, però è doveroso dare un contributo”, ha ribadito il presidente della Cassa Nazionale di Previdenza dei Ragionieri.
    “In questo momento – ha continuato Saltarelli - si percorrono due strade: la prima riguarda i compensi dei consigli di amministrazione e la duplicazione degli organi.
    Si tratta di situazioni delicate e differenziate che vanno trattate singolarmente da ogni cassa. Per ciò che invece concerne le pensioni agli iscritti, nessuno di noi conosce gli andamenti della demografia soprattutto in archi temporali di cinquant’anni: la mia certezza è che condividere strutture tra alcuni fondi o unirsi può essere la scelta giusta.
    Posso comprendere che ci siano posizioni personali a difesa delle autonomie, ma credo che l’unica cosa che debba essere tutelata all’interno del sistema pensionistico è la stessa previdenza, e nient’altro”.
    Infine, il tema della spending review per gli enti pensionistici. “Noi ragionieri – ha spiegato il numero uno dell’ente – l’abbiamo già messa in campo, il cda ha affidato un incarico al nostro interno (e quindi senza ulteriori costi) per fare un esame di quelle che sono le aree critiche dove si possa fare razionalizzazione ed efficienza delle spese. È un lavoro di analisi che si concluderà a ottobre, e che poi lascerà spazio alle attività conseguenti rispetto a ciò che emergerà. Ma voglio sottolineare che già da tempo la Cnpr ha una grande attenzione ai costi. Nel 2012 abbiamo abbassato i tetti per i rimborsi e le spese dei consiglieri e dei delegati e abbiamo gettoni di presenza tra i meno elevati del settore”.

    PENSIONATI DIRITTI

    (Riunisce la voce delle Istituzioni ed il parere di qualificati esperti in tema di PENSIONI)