domenica 21 aprile 2013

Pensioni, cosa è cambiato nel 2013


I cambiamenti del sistema pensionistico italiano e le penalità per i contribuenti.

Quando si parla di pensioni, si è certi di toccare un tasto dolente per molti italiani. Il sistema pensionistico del nostro paese è costantemente messo sotto la lente d'ingrandimento dei media e dei semplici contribuenti, il motivo è chiaro a tutti, questo sistema, che dovrebbe garantire una vita decente a chi ha lavorato per decenni, non funziona come dovrebbe. L'età del pensionamento si è alzata e il denaro percepito dalla stragrande maggioranza dei pensionati, è sempre lo stesso, se non meno.

La crisi economica ovviamente fa sentire ancora di più il suo peso a chi percepisce solo il minimo della pensione, quindi viene quasi naturale fare riflessioni sul perché il nostro paese non riesca a garantire la dignità di persone che hanno lavorato una vita.
Da una notizia Agi, si apprende che circa tredici persone su cento riscuotono meno di cinquecento euro al mese e che oltre due terzi dei pensionati, non superano i mille.
Le donne sono molto penalizzate da questo sistema pensionistico: infatti, nel 2011 annualmente, l'importo degli assegni erogati dalla Previdenza Sociale, si differenziava rispetto a quelli percepiti dagli uomini, di circa cinquemila euro.
Con la rivoluzione del sistema previdenziale italiano, che ha visto la luce nel 2011, l'età pensionabile si è alzata, soprattutto per gli uomini che, nati nel 1952, si sono visti slittare di ben cinque anni l'agognata retribuzione pensionabile.
Nel 2013, la prospettiva di vita incide sulla pensione di vecchiaia; infatti, viene allungata di tre mesi; per le donne lavoratrici autonome o dipendenti private l'età è dai sessantadue ai sessantatré anni e nove mesi, per le donne dipendenti pubbliche arriva a sessantasei anni e tre mesi, stessa cosa per gli uomini, che essi siano dipendenti o autonomi.
Per quanto riguarda le pensioni di anzianità, nel 2014 scatterà un ulteriore slittamento di un mese, quindi si arriverà a dover versare quarantuno anni e sei mesi di contributi, per le donne, quarantadue anni e sei mesi, per gli uomini.
L'adeguamento alle speranze di vita, che come sopra detto è di tre mesi, è valido per tutti i tipi di pensione; ha una validità triennale, fino al 2019, anno in cui diventerà biennale. Nel 2021, i fortunati che riusciranno a percepire la retribuzione avranno, quindi, un'età minima di sessantasette anni.
Subisce una variazione anche l'età massima per andare in pensione, che anch'essa adeguata alle prospettive di vita, passa a settanta anni e tre mesi, nel 2013, per arrivare, secondo le stime della ragioneria di Stato, a settantacinque anni e tre mesi nel 2065.
Chi avesse provveduto a versare tutti i contributi, ma volesse andare a riposo anticipatamente, si vedrebbe decurtare l'importo della pensione da un minimo dell'1% per un solo anno di anticipo, fino ad arrivare al 6% per chi decidesse di anticipare di quattro anni.
La rivalutazione delle pensioni, cambia gli importi, anche per gli invalidi civili, ma modifica sostanzialmente anche i limiti reddituali, sui quali viene eseguito il conteggio per la retribuzione; se, per esempio, la somma della pensione d'inabilità con il reddito del coniuge, supera i 16.127,30 lordi, l'assegno d'invalidità non sarà più erogato.
L'economia, non solo italiana, sta subendo un'involuzione spaventosa, l'unica speranza è che arrivando a toccare il fondo del barile, si riesca finalmente a capire come fare per poter risalire.

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PENSIONATI DIRITTI

(Riunisce la voce delle Istituzioni ed il parere di qualificati esperti in tema di PENSIONI)